Questa piscina proibisce l’ingresso in acqua alle donne con il ciclo.
La blogger Sophie Tabatadze di Tbilisi, in Georgia, si è recata per la seconda volta al "Vake Swimming Pool and Fitness Club", dopo avere effettuato l'iscrizione annuale, e ha notato un cartello che l'ha mandata su tutte le furie.
Ecco cosa c'era scritto esattamente: "Gentili signore! Non andate in piscina durante il vostro periodo mestruale".
Non c'è bisogno di dire quanto la giovane donna si sia sentita offesa dal messaggio. Ha così deciso di scrivere un post su Facebook che è subito diventato virale:
“Riuscite a capire quanto possa essere offensivo? E, comunque, secondo le vostre regole, non possiamo utilizzare la piscina per 5-6 giorni al mese. Abbiamo qualche tipo di sconto rispetto agli uomini?".
E altre domande potrebbero sorgere: anche i bambini, che vanno al bagno molto più spesso, sono banditi? E cosa dire di quegli anziani o quei giovani uomini che non sono in grado di trattenere i bisogni di qualsiasi tipo? Ovviamente si tratta di un argomento che potrebbe sollevare un dibattito molto lungo.
Per farla breve, Sophie ha ritenuto la politica della piscina sessista e misogina, e non importa se l'operazione sia stata fatta in maniera più o meno consapevole.
Nel tweet di seguito si legge: "Ecco l'espressione di una femminista quando parla di stereotipi di genere in TV".
This is what a feminist looks like when she speaks on gender stereotypes on TV #smashpatriarchy #fuckstereotypes pic.twitter.com/IfzUbzDIXP
— Sophie Tabatadze (@zosia007) 13 octobre 2015
Ed ecco la risposta ricevuta dalla direzione della piscina: "La nostra regolamentazione non è sessista, ha un obiettivo preventivo".
Più di una volta, sono stati ritrovati in acqua assorbenti interni che hanno procurato costi aggiuntivi, dovuti al cambio dell'acqua contaminata.
Facebook/Vake Swimming Pool And Fitness Club
In realtà, da un punto di vista sanitario, i rischi sono davvero ridicoli. Il sangue nell'acqua delle piscine non causa la propagazione di malattie, come confermano diversi studi.
Sophie si sta battendo adesso perché il cartello venga rimosso: "Non voglio certo umiliarli perché mi piace. La misoginia è così comune in questa cultura che a volte le aziende e le persone commettono degli errori senza accorgersene. Il vero banco di prova è come rispondono quando vengono chiamati in causa".
Una presa di posizione condivisibile.