Due ventenni in vacanza uccise e chiuse nei sacchi della spazzatura.

Ci sono alcune storie di cui è difficile scrivere, quella di Marina Menegazzo (21 anni) e María José Coni (22) è una di queste. Le ragazze, originarie di Mendoza, Argentina, erano persone dal cuore grande e con un grande amore verso il prossimo. Erano infatti anche volontarie presso la Fundación Puente Vincular, un'associazione che si occupa dei senza tetto che vivono per le strade della loro città natale. 

Facebook Marina Menegazzo

Il 10 Gennaio del 2016 Marina e María José si preparavo per il viaggio delle loro vita: un mese e mezzo in giro tra Ecuador e Perù. L'inizio del viaggio era stato molto emozionante e le due ragazze avevano condiviso i momenti migliori su Facebook. Un giorno, però, hanno smesso di dare notizie. Le famiglie, preoccupate, sono andate fino in Ecuador a cercarle, nell'ultimo posto da cui avevano scritto prima di fare ritorno in Argentina.

Facebook Marina Menegazzo

 

Il 22 febbraio, era successo l'impensabile, qualcuno si era accanito sulle due ragazze, che avevano ancora tutta la vita davanti. Le amiche si trovavano ad una festa in spiaggia, e proprio su quella battigia, i loro corpi erano stati ritrovati, avvolti in sacchi della spazzatura. 

La loro storia ha fatto il giro del mondo grazie anche alle parole scritte da una studentessa, Guadalupe Acosta, che si è messa nei panni delle due coetanee scomparse. Ecco cosa ha scritto su Facebook:

"Ieri mi hanno uccisa.

Mi sono rifiutata di farmi toccare e mi hanno massacrato il cranio con un bastone. Mi hanno accoltellato e lasciato morire dissanguata.

Mi hanno messo come i rifiuti in un sacco nero, avvolta con del nastro adesivo e mi hanno gettata su una spiaggia, dove mi hanno ritrovato qualche ora dopo.

Ma peggio della morte, c'è l'umiliazione che è venuta dopo.
Dal momento in cui il mio corpo è stato ritrovato nessuno si è chiesto dove era il bastardo che si era preso i miei sogni, le mie speranze, la mia vita.
No, anzi hanno iniziato a farmi domande inutili. A me, vi immaginate? Un morto non può parlare e quindi non può difendersi.

Che vestiti indossavi?

Perché viaggiavi da sola?

Come mai una donna viaggia da sola? 

Eri andata in una zona pericolosa? Cosa ti aspettavi?

Hanno messo in discussione le scelte dei miei genitori per avermi dato la libertà, l'indipendenza, che ogni essere umano ha. Hanno detto che eravamo drogate e che abbiamo fatto sicuramente qualcosa per attirare l'attenzione.

E solo da morta ho capito che no, per il mondo non sono simile a un uomo. Che morire è stata colpa mia. Sarebbe diverso se a morire fossero stati due giovani viaggiatori maschi, starebbero tutti a fare le condoglianze, ipocritamente.

Ma se si è donna si minimizza. La storia è meno grave perché, chiaramente, me la sono cercata. Perché volevo fare quello di cui avevo voglia, non volevo stare a casa, volevo inseguire i miei sogni. Per questo e molto altro sono stata condannata.

E io sono disperata, perché non sono più qui. Ma voi sì. E siete donne. E dovete ogni giorno "farvi rispettare", quando per strada indossate un pantaloncino, perché ci sono 40° e non si sa quanti chiedono favori sessuali. Stai viaggiando da sola, sei tu la "pazza" e sicuramente ti succederà qualcosa. 

Vi chiedo, per tutte le donne che come me sono state messe a tacere, di alzare la voce. Dobbiamo lottare e io sarò al vostro fianco, nello spirito, e vi prometto che un giorno non ci saranno sacchi sufficienti per farci stare zitte".

Ad agosto 2016 i due quarantenni che si sono macchiati di questo reato terribile sono stati condannati con una sentenza senza precedenti a 40 anni di reclusione (26 per omicidio e 14 per l'aggravante di stupro e furto).

Queste due ragazze, nel fiore degli anni, non volevano che trascorrere del tempo insieme e vedere il mondo. Speriamo che la loro morte non cada nel dimenticatoio. E grazie anche a Guadalupe per le sue parole forti e incisive.

Facebook Fundación Puente Vincular 

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